Descrizione
Mappali 130 e 131, la casa Mafignöla.
Mulino e gualchiera, via 4 Novembre
Mappali 130 e 131, la casa Mafignöla oggi.
I Ghitti del Pestù, del Cucù e del Gotard
Il soprannome della famiglia Ghitti del Pestù è da riferire all’attività di mugnai: nel 1573 Salvatore Ghitti, con i fratelli, possedeva, oltre a un mulino di due ruote, anche «un altro molino di una roda per pestar panigo»; in una mappa dei primi anni del Novecento il mappale 131 è chiamato «molino Pestone».I Pèstù con partita - e tali sono dichiarati nell’estimo del 1785 - sono Giovanni q. Cristoforo[1] (coniugato con due figli), suo nipote, Giuseppe q. Pietro q. Cristoforo[2] (celibe), e i nipoti del primo e cugini del secondo, Pietro Antonio (unico sposato con due figli nel 1785: ne avrà poi altri 3), Salvatore e Battista, fratelli q. Bartolomeo[3] e Pietro q. Pietro q. Pietro[4] (celibe).
Tutti abitano in contrada di Piazze. La contrada - delimitata a nord dal canale della Sèstola, a ovest da quello del Bagnadore Basso, a sud ed est dalla via dei Mulini e dal Vaso Ariolo - è costituita di 13 fabbricati, di cui tre a uso promiscuo abitazione/mulino (i mappali 131, 151[5], i cui mulini sono mossi dalle acque della Sèstola, rispettivamente dei Ghitti Pèstù, dei Ghitti del Gotard e il mappale 163, proprietà di Bonaventura e Paolo Guerini q. Giulio, anch’esso mulino ma che utilizza l’acqua del Vaso Ariolo; il limitrofo mappale 162[6] è abitato da Lorenzo q. Giacomo). Gli altri abitanti della contrada sono - a eccezione di Geronimo Cassia - tutti Ghitti delle famiglie Pèstù e Cucù e Gotard: in questo gruppo di abitazioni - a forma di trapezio in cui il lato più corto è costituito dai due mulini e gli altri lati dalle abitazioni, con al centro le corti e gli orti - vivono, alla fine del 1700, almeno 25 parenti di 3 generazioni.
Giovanni vive con la moglie i figli, Giustina e Cristoforo, la moglie di questi, Maria, e i loro figli Giovanni Battista e Giovanna; i fratelli celibi Salvatore e Battista e il loro fratello Pietro Antonio con la moglie Francesca e due figli; le sorelle di Giuseppe, Domenica e Caterina (Giuseppe sposato con Maddalena è morto ma lascia, oltre alla moglie, i figli Caterina e Pietro); i fratelli Maddalena e Pietro q. Pietro.
Nella stessa contrada abitano i loro cugini Cucù-Gotard (4 nuclei famigliari): Antonio e Defendo del Cucù vivono in due porzioni distinte della stessa abitazione; Giovanni del Gotard abita con la moglie e i 4 figli; Giuseppe del Gotard vive con la moglie e un figlio (11 parenti e 3 generazioni).
Inoltre, anche Giuseppe Ignazio Ghitti q. Giovanni Battista di Ignazio (che ha sposato Apollonia dei Pèstù) possiede una casa nella stessa contrada.
I cugini sono accumunati dalla contiguità delle abitazioni e dei mulini. Come se ciò non fosse sufficiente a legare le varie famiglie, intervengono i matrimoni delle donne dei Pèstù: oltre a Giuseppe Ignazio che ha sposato Apollonia, vi è anche Gottardo di Giovanni che ha sposato Caterina.
Si realizza, nei fatti, una struttura più articolata di quella individuabile nelle categorie di Lasslet (famiglia nucleare/complessa) fatta, oltre che di relazioni parentali, di affari e rapporti sociali in una porzione limitata di territorio.
La casa immediatamente limitrofa al mulino di Giovanni Pèstù reca, ancora oggi, frammenti di affreschi settecenteschi di discreta fattura che, a mio avviso, dimostrano da un lato che le famiglie residenti erano abbastanza benestanti e, dall’altro, che in queste si è manifestata - proprio in quel secolo - la necessità di marcare il territorio da un segno tangibile, concreto e qualificante della loro presenza.
Quella dei Pèstù, oltre a essere la famiglia in cui si rileva il maggior numero di matrimoni tra consanguinei, è anche quella in cui si registra il maggior numero di “fogli di famiglia” nell’elaborato del Buscio. Il foglio n° 29 con cui inizia la loro storia («n° 27 famiglia Ghetti d.a del Pestoû») è redatto in modo da generare dubbi sul capostipite, ma non sul fatto che - dividendosi la proprietà ma continuando di fatto a convivere - il gruppo costituisce varie famiglie nucleari, comunque strettamente collegate tra loro da comuni interessi economici. È difficile, in questo caso, riferirsi alla famiglia nucleare in senso stretto: sebbene ogni capofamiglia sia proprietario di una porzione di casa e di propri piccoli appezzamenti di terreno, la parentela e le relazioni con altri gruppi Ghitti - diluitisi col passare delle generazioni - si riaffermano tramite l’incrocio dei matrimoni che gravitano attorno alle proprietà dei mulini; la vita sociale è, di conseguenza, quella, stretta, di persone che condividono un destino comune, quale è quello di un’unica famiglia. Dal capostipite Giovanni, nel Settecento, si dipartono, in seconda generazione e solo dal lato maschile, 4 famiglie che in terza generazione diventano 5 e, in quarta generazione, quattro. Di queste, tra i figli di Giovanni solo Salvatore si stacca, di fatto, dal nucleo originario, andando ad abitare dai suoceri Damiani. Allo stesso modo, nella generazione seguente è il solo Dionisio di Cristoforo che si trasferisce ad Ariolo, e - nella quarta - è Pietro Antonio di Bartolomeo q. Cristoforo quello che, a sua volta, si sposta ad Ariolo. I rimanenti membri della famiglia, pur costituendosi come unità separate, sono legati - oltre che dal legame di sangue - anche da quello territoriale: tutti abitano nella stessa contrada, nel medesimo gruppo di cortivi. Le famiglie di Pietro, di Salvatore e dell’ultimogenito Pietro sono spiccatamente nucleari, con 3/1/2 figli. Quelle che discendono da Cristoforo q. Giovanni hanno una struttura più complessa, perché condividono l’attività del mulino (che abbisogna di manodopera) e si costituiscono come famiglie estese (temporanee) in cui convivono 2/3 generazioni (Cristoforo da sposato vive con il genitore, così come aveva fatto suo padre e come sarà per suo figlio Giovanni Battista).
Alla carta 35 cui per il primo Pietro ci rimanda il Buscio è indicato un Pietro «staccatosi dal n° 27», ma coniugato con una certa Caterina e non con Domenica: la coppia ha tre figli Giuseppe, Domenica e Caterina. Giuseppe si sposa con la valtellinese Maria Maddalena Borlandino da cui ha due figli, Caterina e Pietro. Questi muore il 20 luglio 1793 e la famiglia è data per estinta. Intrecciando i dati del Libro per le famiglie si ricava però che Pietro è figlio di Giovanni (la paternità risulta dallo stesso Buscio poiché a carta 156 Laura figlia di Salvatore è detta q. Salvatore q. Giovanni), sposato con Domenica Ghitti del Frér. Domenica è la prima moglie da cui non ha avuto figli e Caterina è la seconda moglie da cui sono nati Domenica, Caterina e Giuseppe[7]. Rimane il dubbio, non risolvibile, della partita dell’estimo 1785 intestata a «Pietro q. Pietro q. altro Pietro del Pestone» (forse il Buscio ha dimenticato una generazione).
Salvatore, a sua volta, si “separa” sposando Giulia Damiani (originaria di Passirano ma abitante a Marone con il fratello Giuseppe) ed è computato dal Buscio come membro della famiglia di adozione (famiglia n° 34): ha una sola figlia, Laura [1734-1801] che sposa Antonio Guerini q. Giulio (uno dei loro figli, Andrea, sposerà una Ghitti del Frér). È indicativo che proprio il parroco segnali questa assimilazione. La parziale perdita dell’identità connessa al cognome (la famiglia è detta Damiani da Passirano-Ghitti) va messa in relazione al fatto che Salvatore va a vivere nella casa dei suoceri.
Giovanni rimane celibe e muore senza eredi.
Un altro Pietro, l’ultimogenito, a sua volta si separa e costituisce la famiglia n° 29 (che è priva di soprannome): si sposa con Giovanna Bratina di Cabianica da cui ha due figli, Maddalena che sposa Antonio del Cèrédol e Pietro [†1795] che rimane celibe. Il ramo è dato per estinto dal Buscio ma in realtà continua nel ramo di Iseo, e infine di Ghedi[8].
Cristoforo - unico dei maschi - rimane nella casa paterna della contrada Piazze e sposa una Caterina non identificabile, dalla quale ha 4 maschi: Pietro, che nel Buscio non è sposato, ma il cui figlio Giuseppe ha partita nel 1785, Giovanni che rimane nella casa avita e Bartolomeo e Dionisio che costituiscono proprie famiglie cellulari; altrettante le femmine, Domenica, Caterina, Margherita e Giulia. Domenica [1736-1799] sposa Giuseppe Cristini di Pregasso della famiglia dei Signorelli [1723-1800] e ha 5 figli[9]. Caterina, che sposa Giacomo Ringhini, si trasferisce. Margherita [?-1793] contrae matrimonio con Matteo Gigola[10] [1720-1795] di Ponzano da cui ha due figli. Giulia [?-1795] sposa Stefano Ghitti dei Bièt[11] da cui ha due figli. Bartolomeo di Cristoforo[12] costituisce un nuovo nucleo famigliare (n° 28, Ghitti del Pèstù): sposa Annunciata dei Guerini detti di Carlo[13] di Vesto; dall’unione nascono tre figli Pietro Antonio [1748-1802] - che sposandosi con Francesca Guerini, da cui ha 5 figli, va ad abitare ad Ariolo[14] -, Salvatore [1751-1801, muore «nell’ospitale di Brescia»] e Battista [1756-1797] che rimangono celibi. Un altro figlio di Bartolomeo che non compare nell’elenco, Giovanni detto Pèstunhì, costituisce una nuova genìa che prende questo soprannome (vedi ad vocem). Il ramo (che comunque continua) è dato per estinto come Pèstù nel 1801 con la morte di Salvatore. Dionisio[15] è il terzogenito di Cristoforo si sposta, sposandosi, ad Ariolo: non sappiamo chi sia la moglie da cui ha la figlia Barbara [1776-1797].
Chi continua la stirpe (perpetuata nel Buscio dalla permanenza nell’abitazione avita) è il quartogenito Giovanni.
[1] Estimo 1785, c. 8v. Giovanni q. Cristoforo possiede «metà del corpo di case [che] era del q. Cristoforo di lui padre […] con edificio di Molino, et Pestone in contrada di Piazze» del valore di 70 lire (la descrizione e i confini lo identificano con quello che si ritrova in una rilevazione del 1935 - mappale 131 in via Piazze identificato come mulino Pestone - inattivo da lungo tempo e dotato di due ruote. La casa è composta di due stanze terranee («stallino» e stanza contigua «che serve per ingresso al Molino») e camere e cucina al primo piano; possiede, inoltre, un fondaco e ha avuta, in risoluzione di un debito, dal «germano» (cugino) Benedetto Ghitti q. Pietro («tolta in pagamento») una stanza terranea con fienile sopra, contigua al mulino. Ha due pezze di terra, una di 10 tavole in comproprietà (non specificata) e una di 2 piò con stalla e fienile.
[2] Estimo 1785, c. 7v. Giuseppe q. Pietro q. Cristoforo, possiede una casa con orto in contrada di Piazze, che è descritta come «corpetto di case di un fondo terraneo cilterato, con camera sopra cupata con un poco di sito avanti […] in contrada di Piazze confina da mattina strada, a mezzogiorno, et sera il dugale, et a monte gli eredi di Salvador Ghitti q. Antonio» (1785, c. 7v. «eredi di Salvador Ghitti q. Antonio. Un corpo di case di due fondi terranei, e due camere acquistate dal q. Giacomo Valotti, con sua portion di corte et sue ragioni nel tener di Marone, in contrada di Piazze […] lire quaranta. Più appresso dette case mediante il Vaso delle Acque una pezzettina di terra ortiva […]. Più un fondo terraneo cilterato con cosinello et cad.ne sue rag.ni di corte acquistato da Fratelli Ghitti q. Giovan Battista da Cocone, sotto alle camere e lobbia d’essi medesimi fratelli Ghitti […]». . La casa di questi ultimi confina a nord con l’abitazione di Antonio Ghitti.
[3] Estimo 1785, c. 9r. I fratelli Pietro Antonio, Salvatore e Battista q. Bartolomeo sono proprietari di 4 stanze nel «recto» dell’edificio del mulino dello zio Giovanni a Piazze. Erano proprietari di una fucina «olim follo di Panni», a Ponzano, che alla data dell’estimo è proprietà dei fratelli Bonaventura e Paolo Guerini q. Giulio, che dichiarano di averla, appunto, acquistata dai fratelli Ghitti. Sono vicini di casa, oltre che dello zio, di un Cassia (a sud), che ha acquistato la casa da Arcangelo Ghitti. Dal Libro per le Famiglie sappiamo che Pietro Antonio abita con la moglie ad Ariolo: nella casa di Piazze vivono, dunque, gli altri due fratelli.
[4] Estimo 1785, c. 9r. Pietro q. Pietro q. Pietro ha un «corpo di casa» in contrada di Piazze contiguo a quello dei germani (40 lire) e la casa ereditata dalle due sorelle Ghitti q. Pietro “di lui zio paterno”.
[5] R. Predali in G. Gregorini, G. Tacchini, M. Pennacchio, R. Predali, L’economia bresciana di fronte all’Unità d’Italia…, cit., p. 112.
[6] R. Predali in G. Gregorini, G. Tacchini, M. Pennacchio, R. Predali, L’economia bresciana di fronte all’Unità d’Italia…, cit., p. 132 e in questo ad vocem di Ignazio.
[7] Un Ghitti Andrea di Giuseppe nasce a Iseo nel 1794 (si sposa nel 1813 con Lucia Violini): nel Buscio una figlia di Giuseppe e di Maddalena, Caterina è battezzata a Iseo nel 1783, dove evidentemente i genitori abitano ed è sposata con il cugino Gottardo. Ringrazio Giuliano Ghitti di Ghedi per avermi dato una copia della trascrizione del foglio di famiglia conservato presso l’archivio parrocchiale di Iseo.
[8] famiglia n° 29 di Marone, carta 30.
[9] Famiglia n° 12 Pregasso, c. 106. Vi è un riferimento errato nel Buscio che rimanda alla famiglia dei Ghitti del Frér.
[10] famiglia n° 18 di Ponzano, carta 188.
[11] famiglia n° 16 di Ponzano, carta 186.
[12] famiglia n° 28 di Marone, carta 30.
[13] famiglia n° 15 di Vesto, carta 69.
[14] famiglia n° 9 di Ariolo, carta 162.
[15] famiglia n° 2 di Ariolo, carta 155.
Mappali 130 e 131: la storia catastale.
Mappale 131
Datato 3 dicembre 1873 vi è un contratto stipulato tra Sina Marco fu Luigi di Tavernola, Sina Rosa e Sina Felicita fu Luigi pure di Tavernola, nubili, e sorelle, venditori e Turla Angelo fu Francesco domiciliato in Sale compratore e Guerini Martino fu Giacomo di Marone da ultimo quale osservatore. Sina Marco per sé e per le sorelle cede e vende a Turla Angelo, che accetta ed acquista l'immobile sotto descritto pel prezzo di lire 4.000 (quattromila): «La compravendita è fatta e accettata a corpo e non a misura come pervenne ai venditori [i Sina] per eredità paterna, per acquisto fatto dal padre [Sina Luigi] con atto 20 febbraio 1850».
Il venditore garantisce che sull'immobile in contratto non vi è altra iscrizione [non è ipotecato] che quella a favore di Giulia Guerini di Martino per la somma di lire 2.275. Guerini Martino interviene a quest'atto per tenersi edotto del medesimo appunto perché vi è un’ipoteca a favore della figlia.L’immobile è così descritto «Casa con edificio di molino a due ruote sita in Marone, contrada Piazza in mappa di Marone al n° 131 di are 4,40 e rendita di lire 133,01, nei confini: a mattino ingresso con quattro gelsi di ragione dello stabile venduto; a sera Gaudenzi e Salvi Mario mediante muri di fabbrica e di sostegno compresi e parte Cuter mediante altro ingresso; a mezzodì case di Confortoli Luigia, le quali si internano fra le case il molino e la stalla con fienile venduto e – oltre questa stalla e fienile – Ghitti Pietro fu Giovanni; a monte Tosetti sorelle fu Pietro».
Il mulino ha diritto dell'acqua della Sèstola, il cui canale passa a monte del mulino stesso.Nell'atto di compravendita è compreso anche un orto, «come segue: orto con gelsi, sito come sopra acquistato da Cristoforo Ghitti con atto 14 maggio 1851, in mappale indicato col n° 309 di are 2,50 e di rendita lire 1,64 (l’area diventa poi mappale 110) e così descritto nei suoi confini: a mattina parte sorelle Quetti-Tosetti predette e parte Cuter; a mezzodì dugale; a sera strada comunale, Tosetti, ossia valle del Gelone con ingresso compreso; a monte su due lembi di valle, un zerbo con gelsi e vimini, nel quale ha diritto di piantare il proprietario dell' orto».Nel Prospetto del 1879 il mappale è così descritto: molino pestone - mappale 131 - proprietario Turla Angelo Juniore, motori 2, macine 2, ruote motrici 2, destinazione: macine cassette n° 30 cadauna, forza media utilizzata cavalli 3,90.
Il 4 giugno 1885 l'immobile sopradescritto è rivenduto a Cristoforo Tempini di Sale Marasino.
«Tempini Cristoforo del fu Giacomo possidente di Sale Marasino, ove elegge domicilio in casa propria, compratore, verso Turla Angelo del fu Francesco, il seniore, e Fonteni Giacomo del fu Antonio, possidenti domiciliati in Sale Marasino venditori con cui il signor Tempini ha fatto acquisto dai signori Turla e Fonteni degli immobili sotto descritti pel prezzo di lire 8.000.
«Il signor compratore si presenta rispettoso a codesto Regio Ufficio e fa domanda che piaccia al signor Conservatore di fare nei suoi registri la trascrizione dell'atto 10 Maggio 1885 suddetto, di cui si unisce copia regolare, e ciò per la sua piena efficacia legale del suo acquisto del seguente immobile: mulino da grano ad acqua con casa ed orto sito in Marone in mappa di detto Comune ai numeri 131 e 309 di pertiche censuarie 0,69 od are 6 e centiare 90, rendita lire 134,65, con gli attrezzi uniti e quanto in dipendenza dell'acquisto 3 dicembre 1883 nei confini per l'edificio e casa».
Lo stesso dicasi per i confini dell'orto, dei quali si riporta solo quello a mattino con la Confortoli del mappale 130. Questo fondo, di forma vagamente triangolare con vertice nel mappale 150, era delimitato da questi confini: a mattina Cuter Pietro e il canale della Sèstola; a mezzodì e sera Turla Angelo; a monte Cuter Pietro
L'ingresso al fondo è dalla parte del Molino.
In una nota allegata si legge: «Memoria - Il signor Tempini Cristoforo vende il molino di cui al presente atto ai fratelli Sbardolini Bonomo e Giacomo fu Giovanni, quest’ultimo rappresentato dalla madre signora Tempini Erminia fu Giacomo [illeggibile] il molino avendo uso follo […]».
Mappali 130 e 131: foto storiche.
Mappale 130 detto Casa della Mafignola.
Oltre che abitazione della famiglia Giugni-Confortoli, nella seconda metà dell’Ottocento era (o era stata) sede di gualchiere.
Nell'atto di compravendita del 25 febbraio 1883, Confortoli Luigia del fu Sperandio di Pisogne col marito Giugni Felice del fu Geremia di Sale, possidenti e venditori e Signor Zeni Emilio del vivente Angelo, nato a Sale Marasino e residente a Marone possidente e acquirente, la Confortoli vende allo Zeni per 600 lire la «casa sita in Comune di Marone, con aia, in contrada della Piazza, mappale 130, pertiche censuarie 0,11 od are 1,10, rendita lire 9,67, nei seguenti confini: a mattina strada comunale; a mezzodì e a monte Turla e Fonteni; a sera Ghitti.
La casa – che confina a Sud con il mappale 137, casa ed orto; a Est il mappale 133, orto Salvi; a Nord con il mappale 131, casa e terreno – sarà poi pignorata nel 1897 per «inadempienza di credito» a favore di Cristini Battista fu Giacomo di Marone, al quale lo Zeni doveva la somma di 300 lire, per una fornitura di lana mai pagata. In un foglio allegato all'atto si legge: «Ora Cristini Giovanni Battista fu Lorenzo intende vendere a Sbardolini Bonomo e Giacomo fu Giovanni di Sale, facendo intervenire la Confortoli per i diritti o danni ipotecari».