Le opere di Pompeo Ghitti sulla sponda bresciana del Sebino

Pompeo nasce a Marone nella casa in contrada del Forno nel 1633.

Descrizione

Pompeo Ghitti quondam Bartolomeo

Roberto Predali

Pompeo nasce a Marone nella casa in contrada del Forno nel 1633.
Le sue vicende artistiche sono note.
Alla sua biografia aggiungo tre ritrovamenti documentari recenti: l’atto di battesimo, le lettere del cardinale Ottoboni al fratello Antonio, in cui si rivela il legame di amicizia che lega i due fratelli al futuro papa Alessandro VIII, e il testamento.
La data certa della nascita è per certi versi poco rilevante, mentre è interessante notare la qualità dei compadri che Bartolomeo sceglie per i propri figli - Andrea Almici (della facoltosa famiglia di Zone) nel caso di Lorenzo e il parroco di Provezze, Giacinto Serioli, per Pompeo - che conferma la sua buona posizione economica e sociale.
Nel 1641 Pompeo vive ancora a Marone, come è dalla partita di suo padre nell’estimo di quell’anno (ha poco più di 7 anni); prima del 1650, ancora adolescente, è allievo presso la bottega di Ottavio Amigoni a Brescia; verso la seconda metà degli anni ’50 (tra il 1651 e il 1652, a circa 20 anni) è a Milano presso la bottega di Giovan Battista Discepoli detto lo Zoppo di Lugano, dove, a detta del Pellegrini, rimase cinque anni.
Il 1669 è la datazione della pala La Sacra Famiglia e sant’Antonio di Padova - la prima eseguita nella parrocchiale di Sale Marasino - sull’altare dedicato al santo francescano e a san Giuseppe. La datazione è coerente - al di là degli aspetti stilistici su cui non ho alcuna competenza - con un fatto documentato: dal 1660 è parroco di quella chiesa il fratello Antonio, con il quale ha ottimi rapporti, come attesta la lettera del cardinale Ottoboni pubblicata in appendice e come testimoniano le numerose commissioni che Pompeo riceve dalla parrocchia di Sale (ben nove tele sue sono conservate in questa chiesa); coincide verosimilmente con gli anni dal 1669 al 1699, in corrispondenza con la reggenza della parrocchia da parte del fratello Antonio, l’arco temporale in cui Pompeo compie le sue opere tra Sale Marasino e Marone (quattro opere a Marone e due a Vello).
Nel 1674 lo Scaramuccia - nel suo Le finezze dei pennelli italiani e sebbene Pompeo abbia 41 anni - lo chiama «giovane pittore» e da lui si fa accompagnare nella visita a Brescia; nel 1684, nella polizza d’estimo - ritrovata da Piercarlo Morandi - Pompeo dichiara di abitare a Brescia da 27 anni (il 1657, è quindi, la probabile data di ritorno da Milano), «solo anni dodeci in circa con l’essercitio di pittore» (ecco forse il perché del «giovane pittore»); afferma, inoltre, di aver acquistato, nel 1672, la casa in contrada del Cavalletto da Ottavio Zeni (che è suo cognato, parente acquisito con un matrimonio, in questo caso quello di Giovanni Pietro q. Giovanni Pietro, quest’ultimo fratello di Lorenzo, nonno di Pompeo).
Limitandoci alla zona sebina e presumibilmente tra il 1669 e il 1699 (data della morte di suo fratello Antonio), a Sale Marasino il pittore lascia La Vergine in gloria e i santi Zenone, Pietro e Paolo, Antonio Abate, Giacomo apostolo e Rocco all’altar maggiore della parrocchiale; L’apparizione della Sacra Famiglia a sant’Antonio da Padova in un altare laterale e, divisi fra la chiesa e la sacrestia, L’angelo custode; Il Cristo portacroce fra sant’lgnazio di Loyola e san Francesco Saverio e angeli; Gesù Bambino con san Filippo Neri e un santo dell’ordine gesuitico; San Giovanni Evangelista; San Sebastiano; Santa Caterina d’Alessandria; Santa Lucia; a Marone Santa Lucia; Sant’Apollonia; Madonna col Bambino; San Mauro guarisce un infermo; a Vello Il Battesimo di Cristo; Sant’Eufemia e santi; a Zone Il Giudizio Universale; a Montisola La Sacra Famiglia e i santi Antonio da Padova e Fermo.
Le frequentazioni sul lago sono, dunque, piuttosto intense, almeno fino a che è vivo suo fratello. Dopo il 1699, il nuovo parroco, suo cugino Giovanni Pietro, intenta una causa a Pompeo e a suo fratello Giovanni Pietro, quali eredi di Antonio, per l’inaccorta gestione del beneficio parrocchiale compiuta, a suo dire, dal suo predecessore: i rapporti tra i due ceppi famigliari inevitabilmente peggiorano.
Pompeo è sposato con Maddalena (di cui non conosciamo il cognome), ma dal matrimonio non nascono figli o gli premuoiono. Nel suo testamento del 1699 - redatto forse sotto la spinta emotiva che segue la morte del fratello Antonio - non si descrive, infatti, in stato di malattia ma «sano per la di Dio grazia del corpo mente ed intelletto» - riconosce come figlio adottivo il «S.r Gio: Batta Lorenzini figl.o legitimo e naturale del q. S.r Baldessare da qt.a Citta hora pero hab.e in Venezia mio Figl.o leg.mo solamente cioe addottiero». Si tratta forse un allievo (di cui non si conoscono comunque opere) o, più probabilmente, un ragazzo affidatogli come famiglio.
La sua ultima volontà è essere sepolto nella chiesa di San Domenico a Brescia; la distruzione di quella chiesa e del convento adiacente non ci consente oggi di verificare se le sue volontà vennero esaudite.
Muore nel 1703.

Le opere di Pompeo Ghitti sulla sponda bresciana del Sebino

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