Vedute di paese narrate in cartolina
Milena Zanotti
Occorrerà arrivare sino alla seconda metà del secolo XIX affinché la lettera non venga più considerata l’unico ed imprescindibile tramite per inviare messaggi scritti.
Proprio in quel giro d’anni, infatti, giungeva l’ideazione di una nuova modalità che assolveva le medesime funzioni, pur utilizzando vesti rivoluzionarie: nasceva la cartolina, “supporto di corrispondenza allo scoperto”.1
E dal principio la diffusione di questo mezzo di comunicazione, il cui inventore è riconosciuto in Hendrich Von Sthephan (1831-1897), esimio alto funzionario delle poste prussiane, non ebbe l’accoglienza calorosa che ci aspetteremmo da una così efficace novità, che sommava in sé caratteristiche per noi apprezzabili quali costi contenuti e maggior agilità di spedizione.
Il problema nodale stava, difatti, tutto in quello “scoperto” prima citato, che rende subito lampante il motivo del rifiuto iniziale, ovvero l’assoluta mancanza di ogni riserbo, garantito invece dalla più tradizionale lettera.
Comunque ben presto fu chiaro che i vantaggi superavano abbondantemente gli aspetti negativi, tanto che la cartolina venne addirittura adottata ufficialmente, sin dal 1869, dal governo di Vienna, che in tal modo mostrava una supremazia assoluta anche in fatto di lungimiranza.
Ed è interessante soffermarci sulle peculiarità di questo primo esemplare, che aveva caratteristiche davvero prussiane, di estremo rigore e zero orpelli: un lato si presentava, come anche ora, riservato alla penna dei mittenti, mentre l’altro risultava abitato dal profilo di una grifagna ed imperiosa aquila bifronte, emblema solenne del potere imperiale.
Ma il successo fu tale che dopo poco travalicò i limiti del territorio nazionale, tanto che una altra data di campale rilevanza è il 18752 quando un gruppo composto da 22 paesi ratificò il Trattato dell’Unione Postale Generale.
Le cartoline potevano viaggiare per il mondo.
Una tale fortuna non lasciò indifferenti i cultori del bello che pensarono a come ingentilire lo scabro cartoncino monocolore fino allora utilizzato e si ingegnarono nell’inserimento di motivi decorativi, al fine precipuo di rendere piacevole questo mezzo di trasmissione scritto.
A questo punto la cartolina diviene affare di editori privati, e non più solo di uffici governativi, mentre parallelamente si trasforma in un genere appetibile per molti, desiderosi di possedere immagini piacevoli ad un prezzo accessibile.
E’ curioso scrutarne, al riguardo, i soggetti scelti per adornarne i supporti: dalla stereotipia di un artigliere, presente su quello che è considerato il primo esempio praticato, alle incisioni variegate, comprendenti anche semplici motivi augurali, sino ad approdare alle prime vedute.
E quale mezzo migliore della fotografia, apparsa da poco sulla scena mondiale, poteva rendere al meglio le scene di panorami?
Di ciò dovettero prender velocemente coscienza anche all’epoca, se è vero che in tempi rapidi le incisioni di paesaggi cedettero il passo alle nuove tecniche fotografiche.
Le motivazioni dell’utilizzo fotografico prendevano le mosse da intenti di documentazione paesistica e, contemporaneamente, dal desiderio di possedere un ricordo di un luogo particolarmente ameno o caro.3
Il paesaggio, fino allora dominio indiscusso delle arti figurative, in primis della pittura, diveniva terreno fecondo già dalle iniziali sperimentazioni.4
Ed accade molto spesso che ad occuparsi di tali tematiche fossero operatori di bravura universalmente riconosciuta, i cosiddetti “fotografi vedutisti5”, etichetta sommaria in cui si annoverano nomi del calibro di Roger Fenton e Robert MacPherson, di cultura anglosassone e nutriti alla fonte del paesaggismo pittorico.
I pionieri di immagini che parlano di panorami dove domina l’elemento naturale o scorci di architetture che riguardano paesi e città, incuriosirono ben presto il grande pubblico
Dapprima si mosse una schiera di fotografi, la richiesta popolare fece il resto: il desiderio di condividere la bellezza di angoli di territorio creò l’esigenza di propagarla per il mondo.
Si creava il meraviglioso binomio fotografia-cartolina, cementato poi negli anni a venire.
La prima cartolina con veduta, attestabile nel 1872 in Svizzera presso il tipografo Franz Borich, fu la l’iniziale stilla di un’onda talmente inarrestabile da diventare oceano e fenomeno di comunicazione di massa.6
Il primo numero della rivista La carte postale illustrée, creata appositamente nel 1899 in Francia, ci fornisce dei numeri utili per capire l’enorme entità di diffusione delle cartoline postali illustrate:
Germania, 50 milioni di abitanti: 88 milioni di cartoline
Inghilterra, 38,5 milioni di abitanti: 14 milioni
Francia, 38 milioni di abitanti: 8 milioni
Belgio, 6,2 milioni di abitanti: 12 milioni7
Il formato delle lastre fotografiche più diffuse all’inizio era 9x13 cm e, conseguentemente, divenne quello col quale stampare su cartolina.8
Le tecniche con cui vengono realizzati gli esemplari con paesaggi o vedute sono diverse e, ovviamente, si evolvono sulla base del trascorrere degli anni.
Ricordiamoci di due tappe fondamentali in questo senso: le lastre in vetro vennero utilizzate fino alla seconda metà del ‘900 circa e, soprattutto, la riproducibilità da uno stesso negativo permise di trarne tante copie in positivo.9
Possiamo prendere le mosse da quanto detto fino ad ora per addentrarci in questioni più locali…
Paesaggi maronesi
Sono alquanto evocativi gli scorci di Marone di cui possiamo godere, essi ci restituiscono le sembianze di un paese che non c’è più, come una sorta di memorandum imperituro ed eterno.
Si tratta di un nucleo di cartoline raccolte con passione e che svelano l’amore per i propri luoghi di provenienza, unita, credo, all’attenzione documentativa, di alcuni maronesi che le hanno collezionate con perizia doviziosa.
Attraverso queste scene possiamo ricostruire un iter della memoria che va dall’ultimo decennio dell’800 sino agli anni 50-60 del ‘900.
Occorre dire che le tecniche con cui sono state realizzate si possono riassumere, in buona sostanza, in quelle della calcografia, in voga fino al 1940-1950, e della fotografia.10
Le riproduzioni sono in massima parte in bianco nero.
Quando sono dotate di colori non si tratta di interventi diretti sulla singola immagine ma, invece, dell’imprimitura di pigmento colorato direttamente su matrice calcografica, metodo per realizzarne in sequenza.
Tale metodica abbisognava di un procedimento piuttosto raffinato11 che prevedeva la preparazione di una copia fotografica su speciale carta12 per poi farla aderire alla lastra di rame, che in seguito veniva staccata. Seguivano una serie di operazioni per cui, tramite speciale gelatina ed appositi acidi, si agiva sulla matrice che, alla fine, risultava solcata da piccoli cunicoli. Era giunto ora il momento di stampare.
Dunque un iter complesso, che necessitava di operatori di abile maestria ed un alto livello di preparazione.
E anche se per la massima parte gli autori delle immagini risultano essere anonimi, sono proprio le nostre cartoline a testimoniarne la qualità degli esemplari.
Abbiamo la fortuna di conoscere, invece, l’identità del fotografo G. Negri13, il cui nome appare a margine delle campiture paesaggistiche, in caratteri minuti.
Costui fu veramente un antesignano della fotografia d’ambiente e seppe cogliere la trasformazione in atto nelle città, in quel finale dell’Ottocento che creerà un’Italia non sono rurale ma anche industriale.
Le sue naturali attitudini per il viaggio e la documentazione gli suggeriranno, quasi in un record del genere, di riunire le immagini scattate sul lago di Garda entro un album, omaggiato nel 1895 al Re d’Italia, che ebbe per lui parole di sommo elogio.
Negri fu anche uno sperimentatore di nuove tecniche fotografiche, realizzò riprese stereoscopiche servendosi di una peculiarissima fotocamera panoramica e, naturalmente, i suoi lavori non sono mai banali, per perizia e angolature che mostrano tutta la sua personalità.
Sapere che artisti della fotografia come Negri o Modiano, altro nome che si evince dalle nostre cartoline e che ebbe un suo glorioso studio in quel di Milano ai primi del ’900, si cimentarono con le visuali di Marone, ci fornisce un buon viatico per poterle valutare.
Osservandole da vicino si coglie che i punti di vista che l’obbiettivo inquadra sono spesso ripetuti: uno privilegiato è quello che dall’altura di S. Pietro abbraccia buona parte del paese, ed ancora è riproposto più volte il taglio panoramico che vede Marone da un’angolatura prospettica che parte dal basso, dove sono adagiate le case, e prosegue sui pendii della chiesa pregassese, mentre sullo sfondo campeggia la sagoma espansa di Montisola.
Una leggera variante di questa tipologia si ravvisa in una cartolina che concentra il proprio sguardo ancor più sul paese e che si percepisce essere precedente alle altre versioni per una quasi assenza di costruzioni. La fotografia ci restituisce una Marone che si apre al lago, protesa in un incanto di vegetazione, quasi da sogno: siamo lontani dalla situazione odierna, che ha sacrificato a nome di un progresso non sempre tale alcuni degli angoli più belli, segnati da ferite non più rimarginabili.
Questo primo nucleo cartoline presenta immagini impostate rigorosamente in orizzontale e le ambientazioni di veduta sono di gusto decisamente “classico”, a ricordare le più antiche incisioni di stampo sette-ottocentesco.
Appartengono a tale insieme anche le visioni più parziali, una delle quali indicata con la dicitura “Marone alto”, “Marone e la Spiaggia” o le varie versioni di “Marone vista dal lago”.
L’ultimo caso è davvero interessante per il messaggio implicito: il paese da grazioso angolo incontaminato compie un balzo nel nuovo corso industriale, fabbriche e fumo compresi.
L’evoluzione del tempo si esprime anche nell’impaginazione delle fotografie, con il passaggio da scene che lasciano il margine per apporre personali commenti a quelle a “tutta immagine”.14
Infatti in qualche caso il mittente appone di suo pugno qualche specificazione di natura topografica direttamente sulla fotografia.
Le didascalie sono davvero essenziali: si limitano ad indicare il nome del luogo che appare nella cartolina, ad eccezione di un “Marone-Ultime luci!” che costituisce il commento più originale. Si preferisce, comunque, lasciar parlare le immagini.
Ancora da intendere in senso moderno sono gli scorci di paese, pochi in verità, che mostrano le costruzioni della Marone che fu. E mentre alcune riprese risultano decisamente godibili, altre , come il soggetto delle scuole del paese, non hanno molto a che vedere col coinvolgimento estetico e vogliono documentare più che dilettare.
Particolari nella scelta editoriale anche le immagini, anche se non molto diffuse, che assemblano più luoghi sul supporto delle cartoline. Esse sono interessanti nella misura in cui si vuole dare del paese una sorta di vademecum del bello e del notabile, a costituire una sorta di invito attraente per il destinatario: si scelgono l’isola di Loreto, una visione generale del paese e la chiesa di S. Pietro. La loro graziosità è sottolineata dagli elementi decorativi che le raccordano, fiori o motivi astratti, per un intento, tuttavia, che invita al confronto “più che a una contemplazione passiva”15.
Come non soffermarci, in questa veloce sintesi di iconografie degli spazi, sulle tante riprese della litoranea di Vello, dalle prime di inizio ‘900 alle successive.
Molte cartoline anche in questo caso sono ripetizioni di medesime angolature, ma più di questo aspetto è interessante il notare che spesso le aspre sponde rocciose, scavate dalle gallerie, sono mitigate dalla presenza di uomini, carri e cavalli e poi veicoli, quasi ad interpretare il desiderio del mittente a meglio identificarsi con la scena, in una sorta di autoaffermazione di sé stessi.
Un po’ degli unicum sono “Il porto” ed “Imbarcadero”, dalla prospettiva davvero incisiva e indubbiamente personalizzata, quasi da quadro, con le ombre delle chiome o delle barche che si frangono nel limpido specchio del lago.
L’obbiettivo del fotografo riesce a trasfigurare un istante di un luogo in un frammento di visione eterna, narrata con pura poesia…
Note
1 Questa è l’acuta definizione coniata da E. Sturani, La cartolina illustrata: editori, autori, utenti, in L’Italia in posa, cento anni di cartoline illustrate, catalogo della mostra, Roma, settembre-dicembre 1997, Napoli 1997, p. 15.
2 Nel frattempo anche lo stato italiano aveva adottato la cartolina, per la precisione già a partire dal 1874.
3 Si vedano a questo proposito le interessanti riflessioni di R. Colosio, Sull’antica Valeriana tra terra acqua, a cura di R. Colosio - B. Tabeni, Provaglio d’Iseo 1997, p. 31: nel commentare il diffondersi delle cartoline come corollario alla guide storiche “che, alla fine dell’800 volgevano la loro attenzione soprattutto agli aspetti paesaggistici e artistici di un territorio”.
4 Infatti i lunghissimi tempi di esposizione di cui necessitavano le prime fotografie all’incirca alla metà dell’Ottocento, favorivano il paesaggio come tematica principe, a scapito di altre che non garantivano certo la medesima immobilità. Questa condizione mutò con l’introduzione, risalente al 1855, delle stereoscopie.
A dire il vero la cartolina fu terreno di esercitazione anche per artisti che le illustrarono o che fornirono bozzetti pittorici o disegnati agli editori. Sulle variegate espressioni artistiche che permette l’uso fotografico si veda il coinvolgente: A. G. Bragaglia, L’arte nella fotografia, in La fotografia artistica. 1904-1917, P. Costantini, Torino 1990, pp. 174-176. Ed ancora, riporta fotografie dove domina il fattore estetico, pur se di stampo vedutistico: Disegnare con la luce, catalogo della mostra, a cura di A. Manodori, Roma 2002
5 D. Mormorio, Fotografi vedutisti. Lo strumento fotografico e l’idea del paesaggio, in http://magazine.enel.it/golem/ ; Puntata 20, 28-12-2004.
6 Su queste tematiche si vedano le belle pagine scritte da D. Mormorio, Cartoline dal paesaggio, in Un’altra lontananza. L’Occidente e il rifugio della fotografia, Palermo 1997, pp. 114-117.
7 Cifre tratte dalla Fotografia per tutti, vol. II, Novara 1980, p. 106.
8 Ibidem. Si intendono, comunque, le lastre ottenute da apparecchi fotografici da usarsi senza più il supporto del cavalletto.
Si utilizzavano anche lastre 9x12 e 13x18.
9 Per tali questioni, afferenti all’aspetto tecnico, rimando all’illuminante capitolo stilato da E. Sturani - B. Fabbiani, La cartolina in quanto supporto fisico, in L’Italia in posa, cento anni di cartoline illustrate, op. cit., pp. 25-46.
0 Eccezion fatta per una litografia, segnalatami da Roberto Predali.
11 I metodi della preparazione sono realizzati tramite il retino per calcografia o con la granitura della lastra metallica.
12 Tale carta era “sensibilizzata al bicromato, dopo l’esposizione alla luce, la si faceva aderire rovesciata sulla lastra di rame ( già granita spargendo e scaldando della resina sul metallo)”, “ Staccato il supporto di carta veniva ora bagnata la gelatina per rimuovere la parte solubile”, “ lasciando la parte insolubile più spessa e consistente nelle zone più chiare e man a mano più sottile nelle zone più scure”, “l’acido penetrando più velocemente nelle parti meno protette (le ombre) e via via meno in fretta fino alle più protette (le alti luci ), formava una matrice ad incavo …”. F. Rapuzzi, La calcografia, in Immagini di Brescia nelle vecchie cartoline, catalogo della mostra, a cura di V. Pialorsi - U. Spini, Brescia 1988, pp. 15-18.
13 Nacque in quel di Pavia, pare 1865, e aprì il suo studio a Brescia, dal 1890. Formidabile viaggiatore, visitò molte città italiane che estere, sempre con la macchina fotografica al seguito. Predilesse senz’altro la tematica lacustre, da cui trasse linfa vitale per le proprie opere. Si consulti: www. negri.it ; anche C. Colombo, L’utilizzo delle immagini, in Lorenzo Antonio Predali fotografo, Brescia 1991, pp.127-129.
14 B. Fabbiani- E. Sturani, op. cit., p. 46.
13 Ibidem.